L'orecchio che ascolta

 

L’ascolto è molto più che un semplice “sentire”.

Spesso, infatti, nonostante tutti gli strumenti per comunicare a nostra disposizione, abbiamo la sensazione di non riuscire a farci ascoltare o al contrario di non prestare abbastanza  attenzione alla persona con cui siamo in relazione.

Come mai questo accade?

Perché nella maggior parte dei casi, invece di ascoltare, stiamo pensando a cosa dire dopo, o a cosa la  persona che abbiamo di fronte stia pensando di noi: in realtà stiamo ascoltando le nostre paure, le nostre parti più fragili o la nostra rabbia invece del nostro interlocutore.

Queste emozioni infatti, si manifestano come voci interiori, spesso nemiche dell’ascolto; le nostre voci critiche. Ci condizionano, ci fanno domande mentre ascoltiamo, oppure fanno affermazioni che condizionano lo scambio con la persona che abbiamo davanti, oppure ci portano altrove.

Decidere mentre ascoltiamo di non farci distrarre da queste voci, non è immediato. Innanzitutto è necessario riconoscerle, poi definirle come elementi di distrazione per spegnerle come facciamo con la musica o la televisione quando abbiamo bisogno di concentrarci.

Ascoltare queste voci, invece che la persona con cui stiamo parlando molto probabilmente ci farà impiegare il doppio del tempo con ampie possibilità di errore quando cercheremo la risposta alla domanda; “cosa voleva veramente comunicarci il nostro interlocutore?” o nel dare a lui/lei una risposta veramente efficace come consiglio o informazione ad una sua richiesta.

Per diventare degli ascoltatori migliori, anche parlare con sé stessi e soprattutto ascoltarsi è utile.  Spesso tendiamo a pensare a noi stessi come a una voce univoca, mentre non è così: abbiamo diverse voci interiori (quella della mente, quella della pancia, quella del cuore) che dobbiamo imparare a usare in modo più funzionale, gentile e compassionevole, ma non è facile. Spesso diamo spazio a voci nemiche dell’ascolto come la nostra voce critica o la voce della rabbia, che è preziosa perché ci fa entrare in contatto con nostra la sofferenza interiore, ma solo se impariamo ad ascoltarla ed esprimerla con consapevolezza.

Per ascoltare ci vuole spazio e tempo, reali e interiori e molta curiosità esattamente come quella che hanno i bambini. Per una persona adulta, però, è difficile fare domande senza avere già in mente una possibile risposta; bisogna inoltre che sappia accettare la legittimità del punto di vista altrui e pensare che in esso ci sia molto probabilmente qualcosa da imparare.  Sapere, inoltre,  che esistono più verità, non solo la propria.

Impariamo presto a incasellare le persone e ad essere incasellati a nostra volta perché tendiamo a cercare una semplificazione del mondo in cui viviamo. Quando discutiamo, siamo abituati a vedere il conflitto con l’altra persona come violento invece che come un’opportunità di trasformazione e condivisione. Non dobbiamo dare per scontato che il nostro interlocutore capisca e comprenda il mondo esattamente come noi: per praticare un ascolto attivo bisogna fare domande che aiutino le persone a chiarirsi e a far emergere delle risposte, mentre quello che non serve sono domande che in realtà sono raccomandazioni o giudizi camuffati.

L’interesse per l’ascolto ha radici nell’infanzia: è l’esperienza dell’essere riconosciuti e compresi come persone che meritano attenzione. Per questo smettere di ascoltare qualcuno crea un incredibile dolore; dileguarsi dalla vita di qualcuno senza dire nulla è il modo più doloroso in cui farlo, perché qualsiasi spiegazione, per quanto possa essere difficile, è meglio del silenzio. L’ascolto ci aiuta a sentirci più vicini, ma questa pratica ha bisogno di una lentezza che oggi è difficile riuscire a ritrovare: viviamo una vita frenetica, siamo distratti e tendiamo ad andare avanti in automatico; abbiamo una scarsa sopportazione per il silenzio e soprattutto per quelle paure che noi troviamo imbarazzanti ma che invece agevolano l’ascolto.

A volte però è necessario staccare la spina: l’ascolto è impegnativo sia dal punto di vista cognitivo che da quello emotivo; abbiamo bisogno di pause, e in alcuni casi capire perché non riusciamo ad ascoltare una persona dice qualcosa di noi stessi.